Questa volta i molti giorni di assenza dall’ultimo post sono giustificati da un breve ricovero fatto per accertamenti presso una struttura di Milano. Niente di grave o preoccupante, solo la necessità di capire perchè avessi una così cattiva qualità del sonno ed eventualmente individuare qualche soluzione.
Ma non è di questo che è necessario parlare. Questa breve esperienza diretta mi ha fatto di nuovo riflettere sulle “distanze” civili che ancora separano le diverse aree del nostro (s)fortunato paese e come, soprattutto sulle necessità primarie della gente, ancora permangono forti le diversità geografiche.
Ho avuto la fortuna di essere ricoverato in una struttura probabilmente di eccellenza (il San Raffaele di Milano) dove la qualità dell’assistenza, ed in particolare quella residenziale, è di estrema qualità. I pazienti non devono subire estenuanti attese per un’esame medico, vengono trattati con gentilezza, soprattutto vengono informati. Gli ambienti sono puliti, curati, organizzati. Dal punto di vista medico tutto sembra fatto con scrupolo, con attenzione, con curiosità.
E’ vero, sono stato forse molto fortunato. Basta però scendere poche centinaia di chilometri lungo lo stivale per rendersi conto immediatamente che aspettarsi simili trattamenti è pura illusione. Ho ancora in mente il degrado, dato dall’incuria e dal disinteresse, dei sotterranei del Policlinico di Roma; ho in mente le file interminabili alla ASL, le risposte sgarbate e scocciate del personale sanitario, la qualità spesso approssimativa delle cure prescritte.
Capisco che il problema è molto più complesso di come lo sto descrivendo e che le obiezioni a questi ragionamenti possono essere tante. Ma al momento ho in mente soprattutto le persone più deboli, le persone anziane, le persone prostate psicologicamente dal dolore e dalla malattia e mi domando che diritti alla cura (e quindi che diritti di cittadinanza) possono esercitare se hanno avuto la sfortuna di risiedere “geograficamente più in basso” nella scala dei diritti.
E’ innegabile che un paese che non consenta a tutti i suoi cittadini di usufruire della medesima assistenza non può dirsi né civile, né democratico, soprattutto se l’esistenza di tali divari persiste nel tempo, oltre che nello spazio. Io ho meno diritti (o comunque meno possibilità di usufruirne) di un concittadino che vive a Milano, e ancor meno ne hanno quelli che vivono a Palermo o a Crotone.
Aggiungo anche una nota comica. Alla fine della degenza mi è stato prescritto l’uso di un apparecchio. Ebbene anche le regole per disporre di tale apparecchio sono diverse tra una ASL di Milano e una di Roma, ma non solo. Anche nell’eventualità che l’avessi acquistato privatamente, il prezzo comunicatomi dalla medesima ditta è diverso tra Milano e Roma!
Dopo la geografia dello sviluppo, la geografia dei poteri, la geografia culturale saremo mestamente costretti a disegnare anche la geografia dei diritti. Naturalmente aspettando con ansia gli effetti del federalismo fiscale……
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