I militari pattugliano le nostre strade, presidiano gli obiettivi “sensibili”. I rom vengono “censiti”. I giornali calpestano la vita reale e ci offrono quella della paura, dell’insicurezza, dell’angoscia. Dobbiamo metterci al sicuro dallo straniero, dal diverso ma anche da chi ragiona, da chi si oppone. I grandi della terra giocano con la nostra vita a colpi di prime rate, subprime, crisi petrolifere, guerre giuste.
La propaganda dell’insicurezza imperversa in ogni messaggio, in ogni articolo, in ogni intervista.
La paura è e sarà la nuova risposta globale per la crescita dei consumi e il rilancio delle economie occidentali. Forse in molti hanno ormai capito che nel mondo globalizzato, dove la Politica sempre meno può fare (ammesso ne abbia le intenzioni) per orientare l’Economia, l’unica risposta è far leva sulla paura e sull’incertezza.
Chi ha paura vive per l’oggi, consuma adesso, risparmia di meno per un futuro che tanto è sempre più incerto. La paura collettiva è terreno fertile per nuove guerre (giuste?), per l’incremento delle spese militari, per campi di detenzione di staliniana memoria, per la legittimizzazione delle torture, per l’assenza di processi.
E tutto questo non muove l’economia? Non concede profitti inaspettati alle grandi major del mercato mondiale? Non è il brodo in cui sguazzano i numerosi caimani della finanza?
Ma la paura ha conseguenze anche più negative, perché diffuse e ormai sempre più collettive. Ci sottrae un sorriso, ci fa allungare il passo se qualcuno ci chiede qualcosa, ci priva della capacità di ascoltare, non solo i “diversi”, ma anche i nostri “simili”. La paura blocca i sentimenti e tarpa le emozioni, ci restringe la vita, circoscrive sempre di più il nostro mondo.
Allora, quanti punti di prodotto interno lordo siamo disposti a pagare per tutto questo?
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